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Polmone, nuovo via libera al Tarceva.


Buoni i risultati di uno studio condotto con il medicinale “intelligente” su 800 malati. Si attende l’autorizzazione definitiva.



MILANO - Lo European Committee for Medicinal Products, cioè il comitato scientifico dell’Agenzia europea per il farmaco (Emea), ha raccomandato pochi giorni fa l’introduzione in commercio dell’erlotinib (Tarceva) per la cura dei tumori polmonari non a piccole cellule in fase avanzata. E’ la premessa per il via libera definitivo dell’Emea a questo medicinale innovativo, che nel dicembre 2004 è già stato approvato negli Stati Uniti, e nel marzo scorso in Svizzera.



Per esprimere il suo parere lo European Committee for Medicinal Products si è basato soprattutto sui risultati di un ampio studio, appena pubblicato dal New England Journal of Medicine.



L’erlotinib è stato sperimentato su quasi 800 malati con un’età media di 61 anni, che erano già stati sottoposti senza successo a una chemioterapia. Metà di loro ha ricevuto il farmaco, mentre l’altra metà ha utilizzato, senza saperlo, un placebo. Alla fine chi aveva assunto l’erlotinib ha avuto un tasso di risposta molto superiore (pari all’8,9 cento, contro meno dell’uno per cento del gruppo di controllo). Inoltre il periodo nel quale la malattia non ha portato a ricadute è salito da 1,8 a 2,2 mesi, mentre la sopravvivenza globale è passata da 4,7 a 6,7 mesi.



L’erlotinib appartiene a una classe di sostanze nuove, che agiscono in modo diverso rispetto alla chemioterapia tradizionale, e con una tossicità molto minore. In particolare l’erlotinib è progettato per bloccare una proteina - il recettore del fattore di crescita epidemico o Epidermal Growth Factor Receptor (EGFR) - necessaria al tumore per espandersi. Lo studio pubblicato sul New England ha coinvolto un team internazionale di oncologi appartenenti a centri di ricerca nordamericani ed europei, ma anche tailandesi, brasiliani e di altri Paesi.



Cesare Gridelli, direttore della Divisione di Oncologia Medica dell’Ospedale “Moscati” di Avellino ed esperto di farmaci innovativi per i tumori polmonari, è sicuro che i dati ottenuti con l’erlotinib possano costituire un vero punto di svolta per i malati. «Si tratta di un risultato molto buono - dice - perché il medicinale funziona e aumenta la sopravvivenza in persone che non hanno più a disposizione strumenti farmacologici per contrastare la malattia. Inoltre dà una qualità di vita ottima rispetto alle terapie classiche, e questo è un elemento molto importante».



Ma non tutto è così positivo. L’erlotinib, infatti, risente del patrimonio genetico del malato, perché alcune variazioni nella struttura del suo bersaglio, l’EGFR, possono renderlo meno efficace. Nuove informazioni saranno disponbili nei prossimi mesi, man mano che altri studi in corso saranno completati e resi noti. Uno dei più importanti partirà nel gennaio del 2006 e sarà coordinato dallo stesso gruppo che ha effettuato lo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine per il Nord America, e da Gridelli per l’Italia. Riferisce l’oncologo campano: «Lo scopo, questa volta, sarà confrontare l’efficacia della chemioterapia classica (cisplatino e gemcitabina) con quella basata sul Tarceva, in persone che hanno una malattia avanzata ma non sono state già trattate, cioè in prima linea. Questo tipo di informazioni è cruciale per capire se il farmaco potrà essere usato in alternativa alla chemioterapia, o se ne costituirà solo una valida integrazione. Alla fine entreranno a far parte della sperimentazione un migliaio di pazienti, e l’Italia parteciperà con ben 50 centri oncologici».



Questo nuovo strumento terapeutico arriva in un momento in cui le statistiche sul tumore al polmone, in Europa, appaiono poco rassicuranti. Infatti, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Annals of Oncology e condotto da un gruppo di epidemiologi guidato da Cristina Bosetti, dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, la neoplasia è in crescita soprattutto tra le donne. L’indagine ha preso in esame i dati degli ultimi 40 anni riguardanti 33 Paesi europei e dell’ex Unione Sovietica. Ebbene, la mortalità tra le donne è aumentata del 23,8 per cento tra i primi anni Ottanta e i primi anni Novanta, e del 16,1 per cento negli anni successivi. Solo in sei Paesi (Gran Bretagna, Galles, Lettonia, Lituania, Russia e Ucraina) si è registrata una tendenza opposta, e in sette (Austria, Ungheria, Italia, Olanda, Polonia, Svezia e Svizzera) si è avuta una diminuzione dei decessi tra le più giovani (cioè nella fascia di età compresa tra i 20 e i 44 anni).



«Questi dati - commenta Cristina Bosetti - dimostrano che le campagne antifumo funzionano e che i tassi di mortalità scendono proprio laddove vengono intraprese con più decisione. Bisogna dunque continuare su questa strata, aumentare la tassazione e intensificare i divieti di fumo nei locali pubblici, oltreché intraprendere iniziative di educazione rivolte in modo specifico alle donne e ai giovani».


07/09/2005

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